GIOCARE FA BENE

Giocarefabene.JPGIl gioco si manifesta fin dai primi stadi della crescita di un bambino e si collega profondamente ai suoi istinti più profondi.

Con il gioco è il bambino ha il primo approccio con la realtà. Il gioco lo aiuta a prendere padronanza del proprio corpo, a esplorare l’ambiente.

È il modo privilegiato del bambino per mettersi in relazione con il mondo; è la base su cui può costruire i rapporti più importanti del processo di socializzazione nella scuola e negli ambienti sociali che frequenta. Perché il bambino è spontaneo nel gioco? Quando gioca diminuisce l’autocontrollo e accentua al massimo le proprie attitudini positive e negative. Salvo rare eccezioni, un bambino che abitualmente non gioca è «malato» o ha gravi lacune a livello psicologico. Le ore trascorse insieme in un gioco lasciano un gusto allegro, qualcosa che si spera di poter riassaporare entro breve tempo.

Attraverso un gioco Michele o Gianni possono diventare coraggiosi, fantasiosi, eccezionali; le situazioni possono rapidamente capovolgersi o stravolgersi. Senza difficoltà ci si può trovare ora nella giungla, ora su Marte, ora in un campo di battaglia.

Il gioco è immedesimazione, identificazione… annulla i confini tra finzione e realtà; permette di cambiare, di assimilare uno stile nuovo; è esperienza di vita e possibilità di dire agli altri qualcosa di se stessi.

Il gioco è la capacità di vivere l’imprevedibile, nel senso che da gioco nasce gioco, da una situazione ne nasce un’altra e tante volte si sa come si comincia ma non come andrà a finire. È importante ridare un senso più ampio al gioco, vicino al suo significato originale, che permetta di sperimentare liberamente una situazione fittizia, la creatività ed il divertimento inteso come gioia e felicità di realizzare qualcosa, perdendosi nello spazio e nel tempo.

Giocando si impara, si sperimentano le proprie capacità e limiti, si simula la realtà e di conseguenza si riesce a valutare meglio le diverse situazioni della vita. Il gioco rende autonomi e richiede sempre decisioni autonome. Attraverso il gioco si costituisce la propria individualità e fiducia in se stessi, e si diventa più critici. Purtroppo la nostra cultura odierna classifica il gioco come prerogativa infantile, perciò all’inizio può essere difficile superare questa attitudine al senso di protezione e al voler essere guardiano nei confronti del bambino. La preoccupazione di far divertire i bambini copre in realtà la paura dell’adulto di doversi mettere in gioco. Questo atteggiamento si verifica soprattutto tra genitori e figli e tra maestri e scolari. È importante ricordare agli adulti di smettere di preoccuparsi dei bambini perché loro sanno già come divertirsi, e di preoccuparsi invece del proprio atteggiamento verso il gioco, che è il vero problema da affrontare. Quando l’adulto gioca teme di mostrarsi immaturo nei confronti del bambino. Occorre invece sottolineare il contrario, cioè che la capacità di giocare è una delle qualità più naturali e mature dell’uomo. Bisogna cercare di rompere la tendenza dell’adulto a stare più dalla parte dello spettatore che da quella attiva. Più che «fare giocare» i bambini bisogna «giocare con» i bambini. Quel  “con” aggiuntivo è sinonimo di partecipazione fisica ed emotiva.


Il gioco è una cosa «seria»

Il gioco è quindi la cosa più importante della vita di un bambino. E lo vive con un impegno profondo. Soprattutto nei primi anni di vita è la sua unica occupazione.

Se quindi è una cosa «seria» per lui, a maggior ragione dovrebbe essere seria per l’educatore, sia esso insegnante o genitore. Chi gioca con i bambini ma crede che questo modo di stare con loro sia indegno, poco qualificante o di «serie B» rispetto ad altre ben più «stimate» occupazioni, non dovrebbe fare l’educatore. A Torino-Valdocco, dove Don Bosco ha costruito il suo sogno, è bene in vista una scritta nella quale si legge che al mattino Don Bosco magari girava i Ministeri e parlava con re e ministri; ma al pomeriggio tornava nel cortile per giocare con i suoi ragazzi!

 

 

Non si gioca per riempire i vuoti

Il gioco non è quindi un modo di riempire i vuoti dell’attività educativa, come dire: «Non si sa cosa fare o non abbiamo niente di pronto? Allora giochiamo!».

Certo, a volte può capitare di essere in difficoltà ed estrarre dal cilindro un gioco per «salvarsi in corner», ma questo non può essere il metodo. Come abbiamo già visto la proposta ludica è indispensabile alla crescita dei bambini e deve avere una precisa funzione. Spesso si sente dire: “Se non fai il bravo, dopo non giochi” oppure: “Puoi giocare solo se fai bene questa cosa”. NO! Il gioco non è un’isola felice a sé stante lontana dalla realtà e dagli impegni seri, per cui si gioca solo se si ha tempo! Il gioco ha bisogno del suo spazio e dei suoi tempi ed ha la stessa importanza di qualsiasi altra attività. Il gioco è una cosa seria! La proposta ludica è indispensabile alla crescita dei/delle bambini/e e dei/delle ragazzi/e. Schiller dice: “L’uomo gioca unicamente quando è uomo nel senso pieno della parola ed è uomo unicamente quando gioca”. E privare la persona della sua naturale capacità di giocare è un abuso, perché vuol dire fare di una persona potenzialmente sana una malata. Anche Frobhel afferma che nel gioco si manifesta lo slancio vitale della personalità che domanda di darsi e costituirsi, l’intero mondo interiore del bambino con i suoi bisogni, le sue tendenze, le sue idee e sentimenti… Mediante il completo possesso del gioco vivo, il bambino si muove e si compie” Jürgen Hagedorn infine dice: “L’universo del gioco è l’unico palcoscenico su cui possiamo essere tutto contemporaneamente: attore, regista, direttore, tecnico luce, e lo stesso nostro suggeritore”.

GIOCARE FA BENEultima modifica: 2010-02-14T22:06:00+01:00da ludotaro1969
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